QUI RIDO IO
di Mario Martone
UN'OPERA AMBIZIOSA, RESISTENTE, TRAGICA, DOVE LA NAPOLI DI SCARPETTA DIVENTA EMBLEMA E REPERTORIO DI TUTTE LE EMOZIONI
PROGRAMMAZIONE TERMINATA

Eduardo Scarpetta, popolare e smisurato capocomico, vive per il teatro e per mantenere i suoi figli. Numerosi e (il)legittimi si passano come un testimone Peppiniello, personaggio simbolico di “Miseria e nobiltà”. Tra una sfogliatella e una scappatella, Scarpetta crea il moderno teatro napoletano e una famiglia allargata, un magnifico intreccio di energie e talento che cresce sul palcoscenico e incrementa nel talamo. In gioventù ha sposato Rosa De Filippo, di cui riconosce il figlio illegittimo, Domenico, e con cui concepisce Vincenzo e Maria, in segreto ha avuto una relazione con Anna, sorellastra di Rosa, da cui ha già avuto due figli. Ma è Luisa, nipote di Rosa, l’amore di cui ha più appetito e da cui nascono Titina, Eduardo e Peppino. Mattatore che non conosce limiti e creanza, scrive “Il figlio di Iorio” per burlarsi del D’Annunzio (“La figlia di Iorio”) ma il poeta non apprezza e lo querela. Sulla scena del tribunale dovrà vedersela con giudici e detrattori. Parodia o plagio?

Qui rido io è una questione di paternità, biologica e artistica. È una questione di ‘plagio’, illegittima appropriazione della paternità di un’opera. È ‘faccenda’, insomma, di vincoli affettivi ed effetti legali.

Mario Martone, uomo di cinema e di teatro che si confronta ogni giorno con gli attori, i testi e le epoche, rintraccia la poesia semplice dell’opera di Eduardo Scarpetta e disegna il profilo del padre naturale e artistico di Titina, Eduardo e Peppino De Filippo, nomen nescio all’anagrafe.

Coglie l’artista agli inizi del Novecento quando la sua ‘maschera’ (Felice Sciosciammocca) è in crisi e il cinema brilla di mille fuochi. Ad altezza di bambino, il punto di vista è quello di Eduardo De Filippo, appena promosso al ruolo di Peppiniello, Martone osserva la sua singolare origine di figlio d’arte. Figliastro o nipote, Eduardo chiamava ‘zio’ Eduardo Scarpetta, che tradiva la moglie Rosa De Filippo con la nipote acquisita, Luisa De Filippo. Da questa ingarbugliata genealogia si sarebbero ramificate due famiglie parallele, tre figli legali da una parte (Domenico, Vincenzo e Maria Scarpetta) e tre figli illegali dall’altra (Titina, Eduardo e Peppino De Filippo), educate per incontrarsi a teatro.

Alla maniera di Eduardo (De Filippo), Martone sposta sul piano del ‘palcoscenico’ le definizioni del rapporto di Scarpetta con i suoi figli. L’artista napoletano incarna le abitudini da patriarca dentro un film che rileva l’abuso patriarcale, da cui nasce come un paradosso una bottega familiare e una quantità di testi e tessiture teatrali che si intrecciano, permangono, si ricorrono, si trasformano, si rigenerano fino a determinare nuove soluzioni.

Qui rido io tira un filo della trama misurando la propria invenzione drammatica con quel gioco combinatorio di napoletanità e respiro universale che furono le creazioni degli Scarpetta-De Filippo. A partire da Morte di un matematico napoletano, Martone crea a ritmo lento (qui vivace con brio) un’opera cinematografica ambiziosa, resistente, tragica, legata all’irredentismo della sua città natale dentro un paesaggio italiano (sempre) in ambasce.

Regia
Mario Martone
Cast
 Toni Servillo, Maria Nazionale, Cristiana Dell'Anna, Antonia Truppo, Eduardo Scarpetta
Genere
Drammatico
Durata
133 - colore
Produzione
Italia (2021)
Distribuzione
01 DISTRIBUTION