1650 (o suppergiù). Dopo trent’anni di onorata attività al servizio della casa reale i quattro moschettieri hanno abbandonato il moschetto e sono invecchiati: D’Artagnan fa il maialaro e ha il gomito dello spadaccino, più un ginocchio fesso; Athos si diletta con incontri erotici bisex ma ha un braccio arrugginito e un alluce valgo; Aramis fa l’abate in un monastero e non tocca più le armi; e Porthos, dimagrito e depresso (ma lui precisa: “Triste e infelice”), è schiavo dell’oppio e del vino. Ciò nonostante quando la regina Anna d’Austria, che governa una Francia devastata dalle guerre di religione al posto del dissennato figlio Luigi XIV, li convoca per affidare loro un’ultima missione, i moschettieri risalgono a cavallo, di nuovo tutti per uno, e uno per tutti.
È chiaramente una nuova Armata Brancaleone quella che Giovanni Veronesi vuole portare sui grandi schermi, anche se la creatività linguistica è affidata principalmente a D’Artagnan ed è frutto del genio attoriale di Pierfrancesco Favino, che inventa un grammelot misto di spagnolo, francese e italiano dialettale (gli altri moschettieri si esprimono nei loro accenti personali, e con vocaboli contemporanei).
È comunque nei calembour che Moschettieri del Re trova la sua cifra comica: la sceneggiatura è di Veronesi insieme a Nicola Baldoni, evidentemente abili nell’uso comico della parola. Le interazioni verbali restano divertenti e ben congegnate dall’inizio alla fine, con l’aggiunta di parecchie e opportune improvvisazioni.
L’altro asso nella manica di Veronesi sono infatti gli attori. I tempi comici migliori appartengono a Favino, a Margherita Buy nei panni della regina Anna e, a sorpresa, a Matilde Gioli, che interpreta un’ancella peccaminosa e saputella con grande autoironia.
- Regia
- Giovanni Veronesi
- Cast
- Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea, Sergio Rubini, Rocco Papaleo, Margherita Buy.
- Genere
- Commedia
- Durata
- 109 - colore
- Produzione
- Italia (2018)
- Distribuzione
- Vision distribution